“Il Trionfo della morte”, l'ultimo della trilogia dei Romanzi
della Rosa dopo “Il piacere” e“L'innocente”.
Rimanda agli
steps della trilogia di Gabriele D'Annunzio la trama
dell’ultimo film di Ridley Scott “The Counsellor”, una saga dei
cattivi sentimenti …a lieto fine, in
fatto di cattiveria!
La ricerca edonistica del piacere e del lusso
spinge
il già ricco e famoso avvocato Fassbender ad addentrarsi nel mondo del
narcotraffico non solo per motivi
professionali ma per trarne un profitto personale. Si perderà un labirinto di crudeltà e
violenza del quale non riuscirà a trovare l’uscita, precipitando in un vortice
di brutalità in cui trascinerà anche l’innocente compagna.
Un cast di grande richiamo a garanzia di
tutela da critiche per una trama non scontata ma supportata da ingredienti di
sicuro effetto: un po’ di sesso spudorato, qualche lacrimuccia di troppo, perle
di saggezza a profusine, un pizzico di citazioni colte, splatter q. b. !
Michael Fassbender, Penelope Cruz, Cameron
Diaz, Brad Pitt , Javier Bardem, grande dispiego di forze per una storia che
impegna l’attenzione dello spettatore per circa due ore, senza il dovuto
intervallo tra il primo e il secondo
tempo, ad evitare la distrazione da pop corn.
Personaggi connotati da stravaganza formale ed
esistenziale, non esenti da paradossi e contraddizioni quali l’anaffettività
conclamata e la dipendenza da figure femminili dominanti; il distacco emotivo
da tutto e le citazioni di poeti come
Antonio Machado; le considerazioni morali sui grandi temi dell’esistenza e la
sfida quotidiana della morte per denaro e potere.
Esistenze
vissute su fili d’acciaio che decapitano, dissanguano, tranciano dita e vite
sotto l’occulta regia dell’unica persona capace di coniugare cupidigia e
ragionevolezza. Gli eventi mostrano i protagonisti in tutte le loro fragilità : il terrore dell’avvocato
quando si rende conto di aver troppo osato; l’ostentata sicurezza di Bardem che
gli fa ignorare elementari norme di prudenza; l’autoreferenzialità di Brad Pitt
che gli annebbia la capacità di tempestiva valutazione degli eventi. E poi l’ingenua
Penelope che mostra alla famelica Cameron l’anello di fidanzamento da 4 carati,
suscitando rabbiosa invidia, non per l’oggetto in se ma per quello che lo
stesso rappresenta: l’amore devozionale di un uomo di successo. Quello che a
lei, truccata e tatuata come i suoi amati felini, la vita ha negato consegnando
la sua anima ad una aridità affettiva che rispecchia i luoghi desertici in cui
si svolge la complessa vicenda.
E’ un
mondo in cui “si spara al buio nelle strade e poi si va a vedere chi si
è colpito” ammonisce il barista al counsellor ormai consapevole di essere sceso
in guerra disarmato contro i sanguinari boss della malavita abituati a gestire
i loro affari con ferocia ferina, mentre
lui ha conservato quel patrimonio di
umanità che gli sarà fatale. Nel
sistema efferato in cui si è voluto introdurre scorgendovi l’occasione
della sua vita, non sono consentiti ripensamenti o pentimenti e egli errori di
valutazione
si pagano con conseguenze sproporzionate.
Il finale del film giunge lasciando all’intuizione dello spettatore dettagli raccapriccianti facilmente immaginabili e consegnandogli
i codici non scritti che governano il mondo dei loschi affari: l’assenza di
humana pietas, il dispregio della vita umana, la consapevolezza che ad ogni
azione corrisponde una reazione amplificata all’ennesima potenza. Il messaggio
che si recepisce è di ispirazione morale: quando la vita affonda le radici nelle falde acquifere avvelenate dal
male in tutte le sue feroci espressioni la naturale conseguenza è il
trionfo della morte.
Daniela Gerundo
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