lunedì 22 settembre 2008


Un giorno perfetto
Regia di Ferzan Ozpetek


Il libro non l’ho letto e non posso leggerlo per il momento perché ne devo finire altri 5 o 6. Il fatto è che l’estate i neuroni vanno in vacanza lasciandomi a casa e il caldo del magico sud mi toglie il respiro, impedendo il normale processo di ossigenazione del sangue che comunque deve affluire al cervello.
Tutta la mia vita ne risulta condizionata, come l’aria sparata a palla in tutta la casa.
Però sono andata al cinema e ho visto il film. Mi è piaciuto, come la maggior parte dei film di Ozpetek, il regista turco che in questa occasione si è discostato dalle tematiche che caratterizzano le sue produzioni per affrontare una storia corale orchestrata sulle sonorità rimandate da figure che fanno parte della nostra quotidianità.
Al cinema gruppi di donne vedono un film recitato da altre donne e nel buio si sente bisbigliare "guarda la Ferrari...è proprio come quella schizzata di Giovanna..." "ma che dici...a me sembra Stefania..." "io c'ho una collega che è proprio come lei..." "e la Sandrelli...sembra una scema come mia suocera..."
I commenti sembrano mirati maggiormente a smorzare il clima di tensione e ritardare la conferma di un dramma, preannunciato sin dalle prime scene, che si concretizza nel successivo flash back attraverso una narrazione che non risparmia i dettagli di molte morti annunciate.
Non ci ho creduto da subito che l’amore fosse la causa di una tragedia di così vasta portata. Per lo meno non l’amore inteso cristianamente che, come ricordato nell’enciclica DIO E’AMORE di Benedetto XVI, non parla attraverso l’abbraccio soffocante di chi vuole asservire gli altri alle proprie esigenze, ma si manifesta nelle mani inchiodate, che rinunciano ad ogni presa dell’altro. Chi anela all’unione con l’amato vive il desiderio dell’altro mediante il dono di sé stessi, della propria vita.
Ma la mitologia greca ci insegna che Eros è figlio di Penìa ( la povertà) e di Pòros (l’espediente); la fame endemica che lo affligge lo induce alla violenza per potersi saziare, e a volte lo trasforma in Thanatos, in morte.
Il poliziotto Antonio, Valerio Mastrandrea, in servizio di scorta ad un onorevole è ossessionato dalla moglie Emma, Isabella Ferrari, una ex rocchettara sciroccata e disincantata.
Sono già sposati da una quindicina di anni ed è poco credibile che dopo tanto tempo Antonio sia talmente innamorato della moglie da imboccare il tunnel del non ritorno conducendo con se i figli per il rifiuto di Emma di ricomporre una situazione degenerata a causa della sua gelosia.
Non una passione amorosa, una devastante ossessione, ma una ossessiva possessione ispira l’agire di Antonio, il quale ha lasciato che la divisa gli comprimesse il corpo e l’anima, fino a renderla asfittica. E’ un uomo preposto all’ordine pubblico che cerca l’ordine anche quando torna a casa; che vuole trovare la luce accesa, anche se è una luce artificiale, che non riscalda; che ha bisogno delle certezze rappresentate dai tiepidi affetti di una famiglia di monadi, che non comunicano tra loro: Emma, donna irrisolta quanto la più famosa Bovary; una figlia adolescente alle prese con palpiti di cuore e battiti di ciglia cariche di rimmel; un bambino saggio, sornione, pacato che subisce le angherie dei compagni tacendone con i suoi familiari.
Lui, il poliziotto a rischio burnout, alternando fasi di aggressività e prostrazione, tenta di ricostruire il puzzle raffigurante la “finta normalità” necessaria ad un uomo che per mestiere di cose normali ne vede ben poche e ne vive ancora meno.
A generare il dramma è la consapevolezza di aver perduto tutto ciò che era funzionale ad un apparente benessere, alla possibilità di immergersi in una dimensione umana, sia pura tra le inevitabili conflittualità generate dalle rispettive frustrazioni. In casa il poliziotto diventa comandante e impartisce ordini su come vestirsi, truccarsi, pensare, vivere, e quando lei non ci sta più e va via con i figli lui si rifiuta di incontrare i bambini per più di un anno. Amore di padre? Rifiuto di chi, con la propria presenza testimonia il fallimento di un progetto matrimoniale, lo stravolgimento di una pianificazione dell’esistenza.
Incapace di amare se non se stesso, Antonio ci appare fragile e smarrito, l’apparentemente tranquillo signore della porta accanto pronto invece a colpire con imprevedibile ferocia tutto ciò che ostacola il raggiungimento della rassicurante stabilità di cui ha bisogno .
Dura e determinata si mostra invece Emma, che accetta qualsiasi lavoro pur di affrancarsi da un uomo che forse in fondo ama ancora. Lo si capisce dalle confidenze sulla sua intimità che affida all’insegnante della figlia, una Monica Guerritore che la ascolta con un interesse indecifrabile, quasi inquietante, forse perché originariamente nel libro della Mazzucco l’insegnante era un uomo.
Il ritmo incalzante degli eventi si placa spostando la cinepresa sulle vite degli altri protagonisti. La coralità è funzionale ad una storia troppo intensa che da sola avrebbe conferito al film una connotazione eccessivamente cupa.
L’atmosfera invece è smorzata dalla leggerezza della Sandrelli, la mamma che accoglie in casa figlia e nipoti; dallo stupore della Finocchiaro, dottoressa del 118 che incrocia casualmente i protagonisti in un crescendo di drammaticità; dai sentimenti del giovane figlio dell’onorevole per la giovanissima moglie del padre, sposata in seconde nozze dopo il suicidio della prima.
La ragazza paga con l’infelicità il “ complesso di Lot” che ha condizionato la scelta del compagno di vita; la ricerca, cioè, di visibilità e autorevolezza attraverso legami sentimentali ( o sessuali) con partner maschili di età più matura. La storia raccontata nella Genesi è metafora di una “eterna relazione” tra donne giovani e uomini adulti motivata dalla ricerca del potere e del denaro.
In questo festival del disagio la più coerente rimane Emma che grida la sua voglia di vivere in un giorno perfetto in cui perde il lavoro, subisce un’aggressione dal marito e viene brutalmente picchiata e violentata.
Il finale drammatico è il naturale epilogo di una storia che trova giustificazione nelle umane debolezze, nei limiti della ragione, nel disordine emozionale, nell’incapacità di accettare le sconfitte, nella fuga dalla realtà. Non occorreva fare riferimento ad un libro per realizzare un film che è la trasposizione scenografica della cronaca somministrataci quotidianamente attraverso i media. Inopportuno ogni giudizio di natura morale o etica sugli eventi, storie di vite che si intersecano ai crocevia delle sconfitte, delle delusioni, del dolore, del dramma. Accogliamo pienamente il giudizio che del film ha dato lo stesso Mastrandrea “ abbiamo raccontato la razza umana, la cosa più affascinante e terribile che esista”.
Daniela Gerundo

mercoledì 9 luglio 2008

PROST

Incrociamo calici briosi
augurando una sbornia di vita
a voi
perennemente ubriachi
di sentimenti,
irrimediabilmente innamorati
dell’amore,
inguaribilmente malati terminali
di passione,
permanentemente ricoverati al reparto
“ grandi ustionati”,
instancabilmente impegnati
a tamponare epistassi,
solitamente segnati da ferite
non cicatrizzate,
intricatamene invischiati
in questioni di cuore,
quotidianamente angosciati dalla conflittualità
tra ragione e sentimento,
soffertamene tormentati
dal dubbio della reciprocità,
affannosamente alla ricerca
di sensazioni strong,
piacevolmente coinvolti
in situazioni hard,
perfettamente consapevoli
dell’irreversibilità dell’ottenebramento,
masochisticamente inseriti
in una realtà
dove tutto viene filtrato e trasfigurato
dall’Amore

I menestrelli del disincanto

PARALIPOMENI DI UNA SANA E GRATIFICANTE AMICIZIA EROTICA

della serie: se ce lo diciamo prima, non ci saranno recriminazioni dopo!

Dai baby, questa storia tiriamola a 200 all’ora
sull’autostrada delle nostre emozioni,
fino allo sfinimento,annullandoci
nell’esaltazione di ogni incontro,
nell’incanto di ogni attimo intrigante,
nella magia delle nostre percezioni.
L’ebbrezza di ogni istante, irripetibile nella sua unicità,
l’intensità dei nostri umori confusi con le nostre fragranze,
la sensazione dei brividi sulla nostra epidermide costituiranno
l’energia necessaria per rituffarci
nella disarmante quotidianità.
Non spaventarti, non fuggire se ti dico “ti amo”: è
per la momentanea, suggestiva presenza delle stelle,
del sole,del mare…non è per sempre!
L’ amore eterno, con le sue complicazioni determinate
dalla gelosia retrospettiva,dall’analisi introspettiva,
dai reciproci condizionamenti, dai comuni progetti ,
dalla pianificazione degli eventi,dalla codificazione dei gesti,
dal reiterarsi degli interrogativi,dalla prevedibilità delle risposte
è un programma raccapricciante!
“Vivamus atque amemus” dolce, trasgressivo, coinvolgente, totale baby;
è importante che tu ci sia, ora.
Poi, se vuoi resteremo amici;
se non vuoi, neanche quello!
Non sapremo più niente l’uno dell’altro.
Il tempo non potrà deteriorare qualcosa di magico,
perché disegneremo la nostra storia come una retta,
non come una parabola e in qualunque momento finisca
ci consegneremo al mito nel nostro microcosmo.

Per presa visione e accetazione delle condizioni

FIRMA

SI CONSIGLIA DI FAR SOTTOSCRIVERE IL PRESENTE CONTRATTO ALL’INIZIO DI OGNI STORIA, AFFINCHE’ UN ELETTRZZANTE PROLOGO NON DEBBA CONOSCERE UN ELETTRICO EPILOGO


venerdì 4 luglio 2008

VINCITORE PREMIO STREGA 2008

PAOLO GIORDANO


La Solitudine dei numeri primi



Suscita antipatia da subito l’ingombrante figura del padre di Alice, la protagonista del racconto; l’uomo cerca nella figlia il riscatto delle proprie frustrazioni, sottoponendola, ancora bambina, ad un estenuante allenamento sciistico tanto intenso quanto sgradito alla piccola che rimane vittima di un incidente di cui porterà i segni a vita.
Proseguendo nella lettura conosciamo l’altro protagonista, Mattia, vittima dell’incapacità dei genitori di coalizzarsi nell’affrontare i problemi quando piombano con tutta la loro forza devastante sulla normale quotidianità di una vita tranquillamente preordinata.
Dimentichi dell’esigenza di consentire, comunque, al bambino una sana crescita, i genitori di Mattia lo caricano di responsabilità sovradimensionate alla maturità della sua fase evolutiva, tanto da farlo rimanere schiacciato sotto il peso delle conseguenze di un errore di valutazione tipico della sua età.
La singolarità di queste esperienze pregresse renderà i due protagonisti simili ai numeri primi gemelli, finendo per creare problemi anche ai numeri naturali che hanno la malaugurata sorte di trovarsi inseriti tra di essi, rimanendo vittime delle loro inconsce, sottili perversioni.
Nell’evoluzione delle rispettive esistenze i due protagonisti devono relazionarsi, loro malgrado, con altri personaggi ben caratterizzati : Denis, l’amico omosessuale; Viola, bella e impossibile; la falange compatta e spietata delle quattro compagne; Soledad, la governante complice; i genitori, ansiogeni e ansiosi; e poi ancora Nadia, innamorata di Mattia, e Fabio che sposerà Alice .
Il bagaglio di problemi che tutti loro portano in dotazione è tipico del mondo
attuale: anoressia, bulimia, omosessualità, bullismo, solitudine. Problemi che affondano le radici nel fertile humus delle conflittualità famigliari irrisolte, dei lutti non elaborati, delle aspettative disattese.
L’incapacità di imprimere una svolta positiva al loro percorso di vita deriva dall’anaffettività di Mattia e dall’insicurezza di Alice, e dal loro imprevedibile agire, governato dai fantasmi del traumatico vissuto degli anni giovanili.
Sorprendente il finale che sembra suggerito dalla maturità esperenziale di una persona adulta e non da un giovane scrittore; costituisce il giusto approdo dei protagonisti ad una indipendenza fisica ed emotiva a cui dovrebbero tendere tutti gli esseri umani, ma che si conquista solo dopo aver percorso gli itinerari delle assurdità e delle contraddizioni di questo mondo.
Le ultime quattro parole a chiusura del racconto dissipano quel sottile velo di tristezza che ha avvolto la storia, svelando una Alice ormai affrancata dal dolore, che si appresta ad affrontare la vita con un approccio ottimista e con una piena consapevolezza di sé.
Narrato con scrittura secca, priva di sbavature, il racconto sembra risentire della formazione scientifica del giovane scrittore, laureato in fisica, che spesso coglie spunti per evidenziare il suo bagaglio culturale. Lo fa nel titolare i capitoli (Principio di Archimede, Messa a fuoco…), nel riportare le osservazioni di Mattia sempre attente al dettaglio fisico-matematico: tensione superficiale del liquido, direzione degli assi cartesiani, complicate sequenze numeriche. Viene analizzata con freddezza anche una magica aurora sul Mare del Nord, studiata nelle componenti date dalle spinte centrifughe e centripete, dalle forze sbilanciate, dalla meccanica.
Coerente e consequenziale, il racconto viaggia sui binari della razionalità senza deragliare nel becero sentimentalismo.
Tecnicamente ineccepibile nella costruzione della storia e dei personaggi che vengono sezionati con il distacco emotivo di un anatomopatologo la narrazione risente, comunque, dell’assenza di quel pathos che coinvolge il lettore impegnandolo emotivamente.
Decisamente apprezzabile che l’autore abbia ignorato l’inflazionata consuetudine giovanilistica di far ricorso a testi o titoli di canzoni per esprimere sensazioni o sentimenti. Si nota, però, qualche “ Uaooo…” di troppo; giusto per ricordarci che a scrivere è un giovane di 26 anni, laureato in fisica, con dottorato di ricerca, al suo primo romanzo.
Daniela Gerundo

lunedì 16 giugno 2008

Cercami stasera

Disegno arcobaleni

con i sorrisi dell’amore

solo al tuo pensiero.

Brividi di cuore

entrano rumorosi

nel silenzio ovattato

della mia camera da letto.

Un forte desiderio

strozza le mie vene.

Cercami stasera

Cercami ti prego!

Ovidio

www.anobii.com




L'Associazione Ghihon, in collaborazione con la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università del Salento e con il patrocinio della Provincia di Lecce presentano:

TRA ORIENTE ED OCCIDENTE

Incontro intervista con i Radiodervish per condividere la loro esperienza musicale.

Martedì 17 Giugno alle ore 18.30Auditorium del Museo ProvincialeSigismondo Castromediano
via Gallipoli, 28 - Lecce.INFO: 320.041.940.6

domenica 15 giugno 2008

Gli amici di Anobii scrivono....

IO e me

IO e me respiriamo la stessa aria.

IO ascolta in silenzio, me è un chiacchierone.

IO sussurra e lo sentono tutti, me urla e non lo sente nessuno.

IO non ha una vita pubblica, me invece, adora le pubbliche relazioni, va al supermercato, impone il proprio ruolo con i colleghi di lavoro, cerca sempre di “fare bella figura” e non perde occasione per manifestare quanto sia importante la sua storia personale.

IO non chiede mai, me chiede consensi e approvazioni e farebbe qualsiasi cosa per ottenerli.

IO soffre quando vede me auto-commiserarsi.

IO ascolta il silenzio e non ha paura della solitudine, me adora ascoltare il baccano e teme la solitudine.

IO conosce in profondità Tutto e l’indispensabile, me conosce la superficie di cose e persone, e il superfluo.

IO sa che non esistono certezze, me le cerca disperatamente.

Io è autentico e ci si può fidare, me è falso ed è meglio non fidarsi.

"Un pensiero"

www.anobii.com

venerdì 13 giugno 2008

Riflessioni da un amico di Anobii


IL TEMPO

Liberati del tempo.
Se infatti apriamo i nostri occhi risulta ovvio che non esiste altro tempo che questo istante e che il passato e il futuro sono astrazioni senza mai concreta realta'.
Finche' cio' non sia diventato chiaro, sembra che la nostra vita sia tutto passato e futuro e che il presente non sia niente di piu' che quel capello infinitesimale che li divide.
Ne consegue la sensazione di non aver tempo di un mondo che si affretta con tale rapidita' che e' trascorso prima che noi lo abbiamo goduto.
Ma attraverso il risveglio all'istante si capisce che tale impressione e' l'opposto della verita', e' piuttosto il passato ed il futuro che sono illusioni effimere e il presente che e' eternamente reale.
Ovidio

www.anobii.com

domenica 8 giugno 2008

Undici minuti
Paulo Coelho

Possibili sottotitoli:
-Tutto ciò che avreste voluto sapere sul clitoride e non avete mai osato chiedere

-Elogio della masturbazione

-L’orgasmo femminile: questo sconosciuto

L’incipit del racconto rosa shoc (co) king è “ C’era una volta” e la vicenda narrata si connota come una favola metropolitana ispirata al sesso e all’amore.
Personaggi e interpreti:
Maria, la prostituta bella, intelligente, colta, buona, sensibile.
Ralf, il principe azzurro bello, ricco, creativo, generoso.
Le colleghe prostitute invidiose.
La bibliotecaria amica e confidente con la quale disquisire sul Punto G.
Il padrone del negozio ( primo datore di lavoro di Maria ) benestante, innamorato di Maria , pronto al matrimonio ma sacrificato dall’intraprendente ragazza sull’altare di una scelta azzardata: partire per un viaggio della speranza alla ricerca dell’amore e della ricchezza.
Non sembra casuale la scelta della destinazione, la Svizzera, da sempre meta di emigranti e terra promessa di onesti lavoratori disposti a sacrificarsi per molti anni per poter comprare la sospirata casa nel paese d’origine.
Anche Maria è una trasfertista…del sesso; ma non si accontenta della casa: vuole un’azienda agricola.
La scelta di prostituirsi è giustificata dalla solita scusa di “sacrificarsi” per il bene della famiglia, oltre che per il benessere personale; ma nel suo diario Maria scrive “ sento il bisogno di pensare e scrivere sull’amore, altrimenti la mia anima non resisterà”. Concediamoci il beneficio del dubbio. I soldi facili sono…l’oppio dei popoli.
Il lieto fine comunque, aleggia sulla narrazione, prevedibile e scontata , che deraglia dai binari della monotonia solo grazie all’inserimento di personaggi singolari come il cliente sado-maso; quello che vuole solo parlare; l’arabo da 1000 franchi a prestazione.
E poi ci sono le citazioni colte a fugare il legittimo sospetto che Coelho ormai, i libri se li faccia scrivere dai suoi collaboratori, assecondando precise indicazioni dell’editore. Leggi di mercato. Veniamo così a sapere dell’esistenza di due medici italiani, Realdo Colombo e Gabriele Falloppio che intorno al 1560 “discutevano su chi avesse inserito ufficialmente il clitoride nella storia del mondo”. Di seguito sono riportate le teorie di Platone sulle origini della creazione e, per esigenze di completezza dell’opera, vengono dettagliatamente descritte, in salsa piccante, le performances erotiche della bella, brava e veloce Maria: 11minuti tutto incluso!
Morale della favola?
Non destinate l’8 per mille alla chiesa cattolica; a togliere le prostitute dalla strada ci pensano gli uomini belli , ricchi e famosi.
Paolo Coelho docet!
Daniela Gerundo

lunedì 2 giugno 2008

Meine Liebste Astrid,
Wundere Dich nicht, dass ich nach so vielen Jahren wieder an Dich denke. Ich habe Dich nie vergessen!
Die Zeit hat eine relative Dimension, wenn wir sie mit unserem Herzen und unseren Gefühlen in Verbindung setzen.
Oft, am Abend, in der Einsamkeit meines Hauses, suche ich Dich im Himmel, liebe Astrid, den strahlendsten unter den Sternen, die sich, eitel und glücklich, bewundern lassen.
Dein Name hat Dich zum Glänzen bestimmt und, wie ein Komet, hast Du den dunklen Himmel meines Daseins durchzogen und ihn mit Deinem blendenden Licht erhellt. Aber es hat zu kurz gedauert.
Du bist wie eine Illusion verschwunden und hast eine Wolke von Stern-
pulver hinterlassen, die auf mein einsames Herz wie ein Schutzschleier gafallen ist, damit es nicht vor anderen Emotionen beben konnte.
Werde ich Dich mal wiedersehen, Astrid?
Die Kometen zeigen sich regelmässig in all ihrem Glaz wieder und fesseln die Aufmersamkeit der Menschen, die in die Betrachtung ihrer Schönheit versinken.
Du hast meine Aufmerksamkeit nicht nur für eine Nacht, nicht für die fünfzehn Tage, als Du bei mir warst, gefesselt… Du hast mein ganzes Wesen erfüllt, wie der Regen, durch den Boden dringt und ich fühle Deine Anwesenheit wie eine warme beruhigende Umarmung.
Ich stelle mir vor, dass Ich an einem Morgen Deinen Wohnwagen hier vor meinem Haus sehe und dass wir zusammen den Zauber von Augenblicken wieder erleben können, die für mich wie ein Hauch echtes Lebens waren, und die mir noch heute die Kraft geben, weiter zu leben, indem ich weniger vereinsamt fühle.

Mauro

domenica 25 maggio 2008

Le note più originali le trovate su...

http://www.notedisciplinari.it/

http://www.scuoladimatti.net/
dove si va....?

siti da visitare !

www.iltaccodibacco.it

www.levignepiene.com

www.cannibali.it

www.tarantobynight.com

www.pizzicata.it



Sul Progetto “Amico Libro”

Nel 2007 il Ministero della Pubblica Istruzione ha avviato, nelle scuole di ogni ordine e grado, il progetto “Amico Libro” finalizzato a promuovere la cultura del libro tra gli studenti e la realizzazione di attività letterarie da parte delle istituzioni scolastiche.
L’esigenza di accrescere l’amore per la lettura è scaturita dalla constatazione che nei giovani si evidenziano processi di impoverimento della parola, del pensiero e delle strutture ad esso connesse a causa dell’informatizzazione dei processi di conoscenza e di comunicazione.
Il progetto si inserisce tra gli strumenti scolastici di democrazia e di offerta di pari opportunità formativa, contribuendo a migliorare, negli studenti, le competenze linguistiche, la capacità di espressione e di organizzazione dei concetti; a sviluppare le capacità critiche e un pensiero libero, creativo e democratico nell’ottica di un recupero di senso esistenziale.
L’odierna realtà giovanile è spesso caratterizzata dal disimpegno culturale, politico, sociale; dallo smarrimento dei valori che orientano le scelte e i comportamenti, da cui il dilagare dei fenomeni di bullismo e violenza.
Tuttavia è risaputo che nella attuale società esiste una stretta correlazione tra conoscenza, crescita della persona umana e progresso civile e sociale del paese.
La lettura, con la sua infinita varietà di stimoli e soggetti è fondamentale strumento di autocultura: promuove l’introspezione e favorisce la riflessione su sé stessi, sui valori della vita e della società. Solo chi è educato a leggere continuerà a sentire il bisogno di farlo per il resto della vita, e quindi, di continuare ad autoeducarsi. Leggere è comunicare, conoscere, allargare i propri orizzonti in una società in continua evoluzione che richiede flessibilità e capacità di adattamento alla mutevolezza delle situazioni.
Attraverso il libro è possibile fare un viaggio nel passato, nel futuro; vivere esaltanti avventure, conoscere le realtà e le problematiche di paesi e popoli lontani, immergersi nella realtà più dura o nel sogno più fantastico.
Il libro deve accompagnare fedelmente, nel percorso di formazione, ogni giovane che lo elegga a suo amico, offrendo gratificazioni e momenti di gioia infinità.
Il progetto “Amico libro” rappresenta una prima risposta all’allarmante abbandono della lettura che deve essere recuperata come valore in sé e come peculiarità dell’uomo e dell’esistenza.
Dall'archivio del Barbiere

10/ 01/ 2003

Libera nos a malos

“animatores

Parafrasiamo Luigi Meneghello per formulare la preghiera del “turista per scelta” che non desidera incontri ravvicinati del solito tipo con gli onnipresenti animatori.
La prima volta che ho impattato questa figura professionale è stato in un villaggio “divertimentificio”, luogo ideale per vivere la vacanza più spersonalizzante e nevrotizzante possibile. Vuoi sentirti un prodotto da catena di montaggio? Affidati ad un’organizzazione “tutto compreso”: è compreso anche lo stress finale da iperattività forzata e il ricorso finale alle analisi cliniche per rilevare lo stravolgimento dei tassi abituali conseguente alla iperalimentazione forzata.
La vacanza punizione è il sistema migliore per desiderare il ritorno alla quotidianità, alla rassicurante routine del posto di lavoro, al ripristino dei ritmi circadiani.
In seguito gli animatori li ho incontrati dappertutto ma sempre e comunque accomunati da un unico denominatore comune: l’improvvisazione e l’approssimazione dei loro saperi!
Hanno lasciato in me solo una sensazione di fastidio per i loro limiti che si evidenziavano da subito: Roberto, in montagna, che le “piste” se le faceva di ogni tipo; Giuseppe che intravedeva la realizzazione personale in una particina in “Cento vetrine”; Max che organizzava tombolate truffe con cartelle a prezzi esorbitanti; e poi Claudio, Paolo, Ciccio…tutti convinti che basti urlare parolacce per far divertire la gente.
Ormai sono rassegnata a incontrarli ciclicamente nei posti più disparati: dai grandi alberghi alle sale parrocchiali, dagli stabilimenti balneari agli stabili condominiali….divertirsi è d’obbligo!
Anche quest’anno mi è stata somministrata una dose di animazione, per fortuna non letale perché nel frattempo ho sviluppato gli anticorpi alle noiose performance. Ma quando vedo i rotoli di carta igienica…. mi viene il mal di pancia! Non per il riflesso condizionato di Pavlov; è l’essere costretta ad assistere al gioco della mummia ad accelerarmi la peristalsi. Ma loro, gli animatori per caso, strillano, schiamazzano, ridono, tifano…..reclamano il divertimento per forza già pronti per il gioco aperitivo, il gioco caffè, la proclamazione della miss, della lady, del mister, della coppia più bella…tutti intenti a misurare la propria abilità nel destreggiarsi tra palline da ping pong, cucchiaini, tappi di bottiglie e palloncini. Possibile che non si riesca ad organizzare qualcosa di nuovo? Sono stata in libreria ed esistono intere sezioni dedicate alle varie forme di intrattenimento per tutte le età e le circostanze. E allora perché non aggiornarsi? Perché non è il caso di profondere tempo, denaro ed energia per il mestiere di una stagione. Forse il problema è proprio qui: nell’improvvisazione. La forte richiesta favorisce il reclutamento di molti giovani interessati solo a guadagnare quel tanto che consenta loro di concedersi una bella vacanza, magari in un posto dove è prevista la presenza degli animatori ad angosciare il loro soggiorno! Si sa: la vita è una ruota che gira e che va!!!
Buon divertimento a tutti

mercoledì 21 maggio 2008

Il fine giustifica…l’editore

In Italia ogni anno si pubblicano circa 5000 libri ma non ci è dato sapere quanti ne vengano effettivamente letti. E’ certo, però, che durante il periodo delle vacanze estive si legge di più.
In previsione dello stagionale aumento dei lettori, e quindi delle vendite, gli scrittori iniziano per tempo a scaldare i muscoli con un allenamento intensivo, programmato dall’esperto coach “editore” in funzione delle competizioni da affrontare.
Gli atleti – scrittori, suddivisi per le canoniche categorie Allievi, Juniores, Seniores si preparano così a sostenere le gare di “corsa veloce” al premio letterario, di “corsa di resistenza” alle critiche, di “corsa agli ostacoli” delle stroncature, di “lancio del disco” DVD corredato al libro, di “salto in alto” alla classifica delle vendite, di “salto in lungo” senza l’atterraggio nella fossa del flop.
Il buon esito delle sfide è affidato anche al supporto del “doping” somministrato dalle case editrici attraverso la pubblicità veicolata dai canali tradizionali, stampa, radio, televisione, o tramite formule innovative come quella del “book trailer”, un nuovo modo per promuovere i libri con il video, così come avviene per i film.
Altri fattori concorrono a far si che i libri possano fare bella mostra di sé sotto gli ombrelloni: una bella copertina, una consistenza non troppo voluminosa, un titolo accattivante.
A volte i criteri di scelta per l’acquisto di un libro sono gli stessi che determinano la scelta di un profumo: si compra il prodotto suggestionati più dal nome che dall’essenza. Ma “ il fine giustifica i mezzi” e quindi è opportuno ricorrere a tutti i mezzi, sostenere tutte le iniziative, attivare tutte le strategie per combattere “l’insostenibile pesantezza del leggere”.

lunedì 19 maggio 2008

www.ilbarbieredellasera.com
Dall'archivio del Barbiere

06.04.2003

I Presìdi del Libro

di Danger

Avamposti di lettura per stimolare la diffusione e l'offerta di libri in tutte la forme

Da una indagine sulle “fobie” degli italiani pubblicata dal mensile “Espansione” (Maggio2002) apprendiamo che le paure ammesse dalle donne sono: internet, le nuove tecnologie, il successo a tutti i costi, la distanza dai valori; mentre quelle degli uomini sono: i libri e la lettura, l’emotività e i sentimenti, le mode, le tradizioni e la religione.“Leggere un libro” dichiarano gli uomini italiani” è troppo impegnativo e fa sorgere interrogativi troppo pericolosi sulla vita.
Da un altro recentissimo sondaggio emerge un’immagine dell’Italia a dir poco sconfortante: in quest’ultimo anno il 60% degli italiani non ha letto neppure un libro; il 30% ha letto qualcosa solo in vacanza o per prendere sonno e comunque solo se non aveva di meglio da fare.
Le donne leggono più degli uomini: evidentemente non hanno di meglio da fare.
I libri si comprano più per regalarli che per leggerli: costano meno e si fa bella figura.Rispetto all’Europa abbiamo una media di lettura molto bassa.
Ma chi abbassa la media?“Il meridione d’Italia” risponde Stefano Zecchi in un suo articolo pubblicato sul “Giornale” il 19 Maggio 2002 nel quale asserisce che le statistiche sono riferibili al tipico esempio dei due polli: uno ne mangia due, un altro nessuno, statisticamente viene mangiato un pollo a testa!
Nel Sud e nelle Isole non si legge, lamenta lo statico esteta estatico e poco estetico, e chi avesse voglia di farlo non troverebbe le “librerie” ma solo cartolibrerie fornite di qualche novità editoriale.Ma chi è quel matto che va ad aprire librerie dove nessuno compra libri?
Il suggerimento dello scrittore è di pensare alla libreria non come esercizio commerciale ma come luogo di civiltà, di crescita culturale, fucina di energie critiche e di menti dinamiche consapevolmente orgogliose della propria storia e tradizione.“Del resto” conclude il Nostro con ironico ottimismo ”se si riesce a costruire il ponte sullo stretto di Messina forse si riuscirà ad aprire anche da quelle parti qualche libreria!”
Superato il momentaneo sbigottimento causato da opinioni così “forti”, prendiamo atto che, in effetti, gli indici di lettura sono strettamente correlati a quelli che segnalano il benessere economico e il livello di civismo di un paese o di una regione.
Leggere più libri è nello stesso tempo causa e conseguenza di un maggior livello di reddito ma è anche il sistema migliore per coltivare e sviluppare alcune capacità essenziali dell’uomo: la sua fantasia e la sua comprensione del mondo. E sono in molti nel mondo ad averlo capito per cui assistiamo ad un proliferare di iniziative, dalle più bizzarre alle più spendibili, tutte comunque finalizzate alla diffusione del libro.Citiamo ad esempio la pazza moda del Bookcrossing (www.bookcrossing.com): leggere un libro, abbandonarlo da qualche parte (aeroporti,parchi,stazioni,ecc.) e seguirne il giro del mondo attraverso internet.
E ancora l’idea lanciata dal ministro dell’Istruzione Letizia Moratti: far leggere agli studenti venti romanzi tra i più belli di tutto il mondo e di tutti i tempi con l’obiettivo di aiutarli a crescere e al tempo stesso riscoprire il piacere della lettura.
Il concorso promosso dalla CocaCola “scopri la magia della lettura” che mette in palio per intere scolaresche un soggiorno educativo in un’oasi protetta del WWF e una dotazione di 50 libri per la biblioteca scolastica.
Feste del libro, fiere del libro, concorsi per la valorizzazione della cultura classica come il “Certamen Ciceronianum”; concorsi e iniziative varie a cura di clubs service, associazioni culturali e ricreative, fondazioni; possibilità di contatti più immediati con giornali e giornalisti attraverso internet (www.stampatel.it); abbinamenti stravaganti (lettura e slow food) oppure usuali (lettura e musica, lettura e cinema); convegni, seminari, incontri con gli autori, specifici programmi televisivi e radiofonici. Insomma una miriade di iniziative alla portata di tutti.
E il nostro meridione che ruolo gioca in questo fermento di fatti e pensieri? Un ruolo da protagonista grazie anche al tempismo e alla genialità degli Editori Laterza di Bari che hanno costituito L’Associazione Presìdi Del Libro insieme agli editori Adda, Besa, Cacucci, Dedalo, B.A.Graphis, Manni e Progedit.L’Associazione, nata nel 2001, raccoglie oggi più di 100 soggetti a livello nazionale e diverse centinaia a livello locale, pur essendo partita nelle tre regioni pilota, Puglia, Campania e Piemonte, tra Settembre e Novembre.
L’Associazione, che non ha finalità di lucro, si propone di promuovere la lettura di libri quale indispensabile strumento di crescita culturale e civile; promuovere borse di studio, premi letterari e ogni forma di incontri; sollecitare gli enti pubblici e privati, scuole, biblioteche, enti economici a dedicare risorse e svolgere una funzione di stimolo alla lettura; contribuire alla crescita del territorio con le iniziative che ritiene più congrue.
Il Presìdio Pugliese, in particolare, sta lavorando su tre progetti regionali:-progetto biblioteche-corso di formazione librai-progetti tematici di letturaIn merito al terzo progetto l’Associazione ha recentemente selezionato 10 progetti su 45 inviati da tutta la Puglia.
Quello presentato dal Presidio di Taranto è stato tra i 10 prescelti. Il titolo è “LIBERAMENTE TRATTI” in quanto prende avvio dalla lettura di testi narrativi che sono stati oggetto di trasposizione filmica.Dal mese di Dicembre fino a Giugno 2003 la nostra città ospiterà tre scrittori tra quelli citati nel progetto (Ammaniti, Culicchia, Starnone, Cerami)
Particolare attenzione sarà rivolta alla partecipazione delle scolaresche agli incontri letterari, per cui si prevede di utilizzare preferibilmente gli auditori delle scuole anche se l’invito alla partecipazione sarà esteso a tutta la cittadinanza.L’attività del Presìdio, comunque, non si esaurisce con gli incontri letterari ma promuove ogni forma di aggregazione tra i lettori e la costituzione di gruppi di lettura e reading specifici da organizzarsi anche in luoghi non specificatamente preposti alla lettura (pubs, sale da thè, parchi, musei, chiese, palazzi gentilizi,angoli suggestivi del borgo antico ecc.).L’interesse suscitato dalle iniziative dei Presìdi è stato superiore ad ogni ottimistica aspettativa, costituendo così motivo di orgoglio sia per gli ideatori che per i fruitori di un progetto che non pone limiti alla fantasia ed alla creatività di chiunque voglia associarsi.
Dall'archivio del Barbiere

21.04.2003

23 aprile: giornata mondiale UNESCO del libro

di Danger

Il Presidio del Libro di Taranto lancia il Bookcrossing nelle scuole superiori


Con risoluzione del 1995, l’UNESCO (United Nations Educational Scientific and Cultural Organization) ha proclamato il 23 aprile di ogni anno “Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore” scegliendo come riferimento la data in cui, nello stesso giorno del 1616, si spensero contemporaneamente tre grandi autori: William Shakespeare, Miguel de Cervantes e l’Inca Garcilaso de la Vega.
Negli intenti dell’associazione, la giornata del 23 aprile rappresenta un’occasione di promozione della lettura, dell’attività editoriale e della protezione delle opere intellettuali, oltre che un omaggio al libro inteso come veicolo di diffusione e conservazione della cultura, come strumento al servizio della tolleranza, della conoscenza reciproca, del multiculturalismo, della cultura della pace.
A tutti coloro che hanno aderito alla manifestazione è stato suggerito come tema conduttore l’acqua, ricordando che le Nazioni Unite hanno proclamato il 2003 Anno Internazionale dell’Acqua, intendendo sensibilizzare l’opinione pubblica alla considerazione dell’acqua come bene patrimoniale dell’Umanità, come fonte insostituibile di vita a cui assicurare l’accesso a tutti gli abitanti della terra entro il 2025. Allo scopo l’Associazione Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 22 marzo di ogni anno “Giornata Mondiale dell’Acqua” raccomandando l’adozione di iniziative e informative da parte degli Stati membri.
In considerazione del fatto che il 23 aprile quest’anno si inserisce tra le vacanze pasquali, cui seguiranno i “ponti”del 25 aprile e del 1 maggio, l’UNESCO ha esteso gli eventi italiani anche ai giorni precedenti e successivi, soprattutto per promuovere un maggiore coinvolgimento degli studenti, tra i principali destinatari della Giornata.Per l’occasione il Presìdio del Libro di Taranto ha inteso portare il proprio contributo alle celebrazioni coinvolgendo le case editrici che costituiscono l’Associazione dei Presìdi in un’iniziativa che rappresenta uno dei fenomeni socio-culturali del momento: il Bookcrossing, un innovativo e rivoluzionario modo di trasmettere il piacere della lettura.
Nato dal bizzarro convincimento che i libri dovrebbero “morire consumati dai malanni, infetti, affogati giù da un ponte insieme ai suicidi, ficcati in una stufa d’inverno, strappati dai bambini per farne barchette…insomma ovunque dovrebbero morire, tranne che di noia e di proprietà privata, condannati a vita in uno scaffale”, il Bookcrossing consiste nella “liberazione” dei libri dalle librerie, dagli scaffali, dalle biblioteche per farli circolare in luoghi pubblici quali stazioni, aeroporti, parchi, aree di servizio, affinché possano essere trovati da un lettore che, dopo averli letti, li rimetta in circolazione. Prima di essere “liberati”, i libri vengono muniti di targhette sulle quali viene precisato che il volume non è stato perso ma messo a disposizione di quanti vorranno leggerlo e collegarsi al sito di riferimento per inoltrare un proprio commento, per comunicarne i dati identificativi, il luogo di ritrovamento e dove sarà nuovamente rilasciato. Il romanzesco cammino del libro può essere seguito via internet (www.bookcrossing.com; www.liberliber.it) o via radio, se si fa riferimento alla trasmissione “ Fahrenheit”, il programma quotidiano di RAI 3 che ha lanciato l’iniziativa in Italia e che prende il nome da “Fahrenheit 451”, film di Truffaut del 1966 tratto da “Gli anni della Fenice” di Ray Bradbury, un commosso omaggio ai libri, alla letteratura e al potere della scrittura che nasce dalla contrapposizione tra gli schiavi del Moloch televisivo e i liberi uomini-libro.
Gli editori dell’Associazione Presìdi del Libro, Adda, Besa, Cacucci, Dedalo, B.A.Graphis, Laterza, Manni, Progedit hanno donato al nostro Presidio dei testi che provvederemo a liberare presso i punti di ristoro delle scuole superiori della nostra città.
La scelta delle scuole è motivata dalla necessità di far circolare i testi, almeno inizialmente, tra persone che hanno le competenze informatiche indispensabili e le attrezzature necessarie per poter seguire l’itinerario del volume.Una specie di caccia al tesoro in cui il tesoro è costituito da un nuovo amico, se è vero ciò che riferiva il giovane Holden nel romanzo di J. D. Salinger: “quando hai finito di leggere un libro vorresti che l’autore fosse tuo amico per la pelle, per poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti piace”.
Una nuova strategia motivata dal bisogno di educare alla lettura affinché il piacere di leggere sia indotto da un’abitudine progressivamente acquisita, da un atto di imitazione ambientale, se è vero ciò che diceva D. Pennac in “Come un romanzo”: "Il verbo leggere non sopporta l’imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo “amare” e il verbo “sognare”.
DALL'ARCHIVIO DEL BARBIERE

06.04.2003

Taranto: un itinerario di pace ispirato a Don Tonino Bello

di Danger

L’operosità e il pensiero del compianto vescovo di Molfetta sulle strategie per la pace offrono momenti di riflessione agli alunni del biennio

Dalle pressanti richieste dei nostri alunni di poter manifestare solidarietà a quella parte di umanità che vive nel terribile scenario della guerra è scaturito il bisogno, in alcuni docenti, di iniziare un itinerario di educazione alla pace mirato a dotare queste partecipazioni di contenuti consapevoli e pregnanti.
Una coincidenza profetica ci ha indicato la giusta figura di riferimento per approfondire tematiche non contemplate nei programmi ministeriali ma di fondamentale importanza per una completa educazione degli studenti: il 20 Aprile, giorno di Pasqua, ricorre il 10° anniversario della morte di Don Tonino Bello, audace profeta dei nostri giorni e infaticabile costruttore di una pace non svincolata dalle ragioni della non violenza.
Dopo attente valutazioni abbiamo individuato negli alunni delle prime classi i destinatari di questo progetto formativo che, nel corso degli anni scolastici, sosterrà la crescita e la maturazione umana e spirituale dei giovani studenti attraverso la conoscenza di personaggi che hanno lasciato testimonianze tangibili del loro operato a favore della pace.
La copiosa produzione di antologie tematiche del controverso vescovo di Molfetta ha consentito di strutturare i contenuti del progetto che si è tradotto operativamente nella lettura e commento delle lettere che Don Tonino era solito indirizzare ai “fratelli diseredati” . In questo modo i ragazzi hanno potuto la conoscere la vita e l’impegno di “un pastore umile e generoso che ha attraversato il cielo della Chiesa italiana come una cometa, lasciando dietro di se una scia luminosa destinata a ricadere nei cuori di quanti lo hanno scoperto, anche dopo la sua morte, attraverso la profondità dei suoi scritti”.Con queste parole Claudio Ragaini introduce una interessante e completa biografia “Don Tonino fratello vescovo” tra i primi testi presi in esame, e dalla quale emerge la multiforme personalità del profeta dei poveri, pastore del dialogo e del sorriso, poeta della speranza, voce evangelica della pace, fratello di tutti, testimone scomodo di solidarietà a servizio degli ultimi.
Il compendio delle luminose sfaccettature del suo essere ha generato la sua intuizione più famosa: la necessità di una “Chiesa del grembiule” che sappia chinarsi con umiltà di fronte agli uomini e che analizzi le cause delle nuove povertà, che sappia essere punto di riferimento e di ascolto, che sia più capace di stare fra la gente con coerenza e credibilità, che sia punto di congiunzione tra il cielo e la terra, tra la preghiera, la riflessione e l’attenzione ai diritti e alla giustizia attraverso il coraggio della parola e della denuncia.
“Charitas sine modo” è il messaggio gridato in una lettera inviata ai parrocchiani dopo una visita pastorale a San Bernardino nel 1991. Amore senza moderazione, senza freni, senza misura, un invito a richiamare l’attenzione dei fedeli sul manifesto programmatico della vita cristiana proprio nei giorni della guerra del golfo, nella speranza che la logica della pace tornasse a prevalere sugli scenari di morte; che le ragioni della non violenza evangelica non sembrassero meno affidabili delle argomentazioni della forza delle armi; che gli animi umani non rimanessero lacerati tra i richiami dell’ “onnidebolezza” di Cristo e la seduzione dell’ “onnipotenza” dell’uomo.
L’ invito a tradurre operativamente quella frase attraverso comportamenti protesi alla comprensione e al perdono, attraverso l’attenzione al richiamo dei valori di alto profilo e la costante ricerca del bene comune è al centro della pubblicazione del 1993 dal titolo “Senza misura”.Evangelizzazione, spiritualità e scelta degli ultimi sono i perni di un’opera pastorale che ha sperimentato la difficoltà di comprensione da parte di chi stentava a sintonizzarsi su questa lunghezza d’onda evangelica.
Le sue parole e i suoi gesti non potevano non suscitare conflitti, anche se egli era conosciuto come uomo di comunione e non di separazione, di amicizia e non di discordia, di carezze e non di offese. Ma la sua profonda libertà interiore lo portò a volte a essere contestato, irriso, discriminato da gente incapace di misurarsi con un personaggio che infrangeva linguaggi e convenzioni culturali.
Un affettuoso avvertimento lo ritroviamo nella presentazione di “Alla finestra la speranza” curata da David M. Turoldo: “Gli stessi confratelli ti giudicheranno un esaltato; la stessa gerarchia sentirà il dovere di richiamarti per la solita necessaria, invocatissima prudenza”. Ma poi conclude ringraziandolo per il suo coraggio, perché “riesci a scuoterci dalle nostre distrazioni, dal belvedere delle nostre contemplazioni panoramiche e ci inviti a metterci in ascolto del futuro, dopo aver denunciato la croce che pende dal collo ma non sulle nostre scelte. Grazie per questo tuo incedere nel fiume della vita a mani distese, a sentimenti dispiegati come bandiere”.
Don Tonino Bello è morto prematuramente il 20 Aprile 1993.

venerdì 16 maggio 2008

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sito dedicato al diritto di cronaca
Dall'archivio del Barbiere

02.04.2003

Il PREPENSIONATO MANIACO NELL’IPERMERCATO
di Danger

Racconto semiserio di vita vissuta sugli incontri ravvicinati del quarto tipo

Il disastro ambientale e i danni alla salute dei cittadini di Taranto causati dalla vicinanza alla città dello stabilimento siderurgico sono oggetto di una querelle che si trascina da tempo nel tentativo di trovare la soluzione che salvi capra e cavoli, nel nostro caso che tuteli il posto di lavoro degli impiegati nello stabilimento salvaguardando, nello stesso tempo, la salute di tutti gli abitanti.
Le soluzioni ipotizzate allo scopo assumono di volta in volta connotazioni drastiche, accomodanti, compromettenti e, ultimamente, grottesche quando si è arrivati a pensare di spostare il cimitero! Superfluo ogni commento.
Non volendo disturbare l’eterno riposo dei cari estinti preferiamo soffermarci sul riposo eterno dei prepensionati.
Dalla crisi della siderurgia è scaturito il necessario ridimensionamento dei posti di lavoro anche attraverso il collocamento a riposo di un consistente numero di cinquantenni ancora desiderosi di mettersi in discussione, anche a costo di…provocarle le discussioni.Purtroppo la crisi ha colpito vari settori dell’occupazione, così da rendere difficile ai nostri giovanili prepensionati la possibilità di riciclarsi in altre attività lavorative. E allora come impiegare l’eccesso di tempo libero e sottrarsi alle angherie delle mogli che li vorrebbero collaboratori domestici a tempo pieno?
Basta scoprire l’aspetto positivo della grande distribuzione e rifugiarsi negli ipermercati, confortevoli luoghi di accoglienza a prova di condizioni climatiche sfavorevoli.
Ed eccolo lì il cinquantenne ancora ricco di energie ma decisamente povero di spirito, smanioso di misurarsi con se stesso, di testare il suo sex appeal! Eccolo aggirarsi tra i banchi degli alimentari simulando interesse per gelati e surgelati ma con gli occhi che roteano con circospezione pronti ad incrociare lo sguardo dell’oscuro oggetto del desiderio che, il più delle volte, si identifica in una casalingua frustrata e repressa, smaniosa di trasformarsi da vestale del focolare domestico in protagonista di storie degne di Edvige Fenech o di Carmen Villani.Chi ha memoria storica ricorderà quando, intorno agli anni ’70 la pur discreta cantante, avendo esaurito la vena canora, si cimentò nell’avventura cinematografica, diventando in breve tempo protagonista di porno-pellicolette dai titoli che già la raccontavano tutta, del tipo “Come fanno bene quei giochini le erotiche ragazze dei villini” oppure “L’insegnante di lingue” o ancora “Le casalingue”.
Tuttavia, la consapevolezza di potersi imbattere nel pencionados arapados non può certo costituire un deterrente alla necessità di fare la spesa all’ipermercato e allora, è capitato anche a me! Condizionata dalla autentica persecuzione dei depliant pubblicitari che assediano la cassetta della posta mi ci sono recata per fare incetta di occasioni 3x2, 2x4, 1x1... quando mi sento trapassare dallo sguardo del fantozziano prepensionato di turno. Mi guarda come se si aspettasse di essere salutato ma... io non lo conosco. Distolgo lo sguardo e continuo la mia ricerca di grandi marche a piccoli prezzi ma…eccolo di nuovo pararsi davanti a me e fissarmi alla Humprhy Bogart in Casablanca! E se fosse una guardia giurata in borghese? Forse vuole solo controllare che la merce passi regolarmente dal carrello prima di finire in borsa.Rassicurata da questo pensiero continuo il mio shopping, ma eccolo di nuovo sbarrarmi la strada e sussurrare qualcosa di indecifrabile mentre mi smarco dal suo pressing. Poco lontano scorgo degli uomini vestiti allo stesso modo (pantalone blu e camicia a strisce bianche e rosse) che camminano a due a due, come i carabinieri delle barzellette. Mi dirigo verso loro con passo marziale, ne afferro uno per la manica della camicia e, con voce alterata dalla stizza, gli chiedo "Chi è quel coglione?" Il giovanottone si volta di scatto e mi guarda sorpreso e preoccupato per l’inaspettata aggressione."Come dice signora?". "Voglio sapere se quel coglione che mi sta seguendo è un addetto al controllo o uno che oggi vuole mazzate!". Si gira seguendo l’indicazione del mio sguardo e lo inquadra subito. "No, signora, non abbiamo security in borghese nel nostro centro. Sarà uno che…" lo interrompo "Non voglio che mi segua; se guarda quello che acquisto può capire molto di me: se compro dei dolci può pensare che abbia bisogno di affetto, se mi soffermo sui pupazzi di peluche può pensare che abbia bisogno di tenerezza." "Suvvia, signora" mi interrompe questa volta lui sorridendo divertito "Non penserà che chi va in giro ad agganciare signore abbia la laurea in psicologia! Basta saper riconoscere a colpo d’occhio una che ci sta da una che ti pianta grane! Del resto, se proprio la vuole sapere tutta, sa quante vengono qui proprio in cerca di queste emozioni? Difficilmente abbiamo di queste vibrate proteste anzi, potremmo quasi considerarlo un ulteriore servizio che la nostra catena offre alle clienti!"Non fa in tempo a finire la sua arringa che scorgiamo il Nostro intento a discutere con una signora sulle caratteristiche di una qualità di caffè rispetto ad un’altra. E se il caffè è di montagna il gusto ci guadagna! E se ci guadagnassimo anche noi? Perché non andiamo a prendere un caffè assieme? E’ un invito assimilabile ad un altro cult: Vuol vedere la mia collezione di farfalle? Il senso è sempre lo stesso: voglia di evasione, di emozioni, qualunque cosa sia, per oggi, obiettivo raggiunto!!! Domani è un altro giorno! Rossella O’Hara docet.
Danger

giovedì 8 maggio 2008

VENERDI' 9 MAGGIO alle 19.30

nel Salone degli Stemmi della Provincia di Taranto sarà presentato il libro di Giuseppe Mazzarino

Ieri,29 settembre. Gli anni del Liceo Archita come un album di Lucio Battisti

Il dott. G. Mazzarino, giornalista e scrittore è docente al corso di perfezionamento in Didattica della Scrittura organizzato a Taranto dall'Università degli Studi di Bari - Facoltà Scienze della Formazione

mercoledì 7 maggio 2008

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Dall'archivio del Barbiere

19.12.2002

Ute Lemper, algida e issima purtroppo spikke inglish

di Danger

Non si cucca alcunchè spiacciacando un misero ailoviu.

Signori e signore, Ute Lemper!

Altissima, biondissima, bellissima,tutta "issima" come la famosa acqua minerale pubblicizzata dall'uomo delle nevi Rehinold Messner.
Anima la scena muovendo con sapiente tecnica il flessuoso corpo sul quale si potrebbe studiare anatomia, data la totale assenza di tessuto adiposo! (Beata lei!).Spalanca le braccia mostrando l'apertura alare di un regale rapace, gestualità sostenuta da un'espressione perfida e minacciosa, degna di una regina. Regina della scena che tutto può, anche personalizzare famosissime canzoni fino a renderle quasi irriconoscibili.
Presenza scenica indubbia, gestualità esasperata al punto da ricordare a volte Francesca Bertini e colleghe dell'epoca quando, al culmine della disperazione nella finzione filmica, si aggrappavano alla tenda.Oggi non sarebbe più possibile: neanche le tende sono più quelle di una volta!
Comunque algida, troppo tecnica, tutto anche troppo perfetto per raggiungere il cuore e coinvolgere l'emotività di un pubblico sia pure estasiato dalla sua estensione vocale e dai suoi virtuosismi .Cerca un contatto con la platea spiegando che canta in inglese e francese perchè non conosce lo spagnolo e l'italiano, e per questo si scusa, tuttavia se qualcuno volesse darle lezioni il recapito telefonico è...!
Ma il telefono non squillerà perchè la bella Ute ha detto tutto questo in inglese, dando per scontato che in Italia, come nel resto dell'Europa si parli correntemente l'inglese come seconda lingua e ignorando che a Nord di Tripoli spesso l'inglese non va oltre "I LOVE YOU" (ma adesso ci penserà Letizia a colmare questa lacuna!).E alla fine usciamo dal teatro soddisfatti e compiaciuti per aver goduto del privilegio di assistere ad uno spettacolo di così alto livello ma questa sera mi fiondo in un locale dove si suona e si balla la Pizzica!
Danger
il giornale on line
a difesa dell'informazione

martedì 6 maggio 2008

Mercoledì 14 maggio ore 18.00
presso la libreria
GILGAMESH
Via Oberdan N° 45 Taranto
presentazione del libro
Il cammino di Santiago con un sasso in mano
presenzierà l'autore
Mario Calcagnile

lunedì 5 maggio 2008

......scrivere per il web: tutti i trucchi.....

Ecco una serie di slides su cosa fare (e non fare) quando si scrive per il web.
Un grazie a chi scrive sul blog... e a chi ci legge

RIVISTE ELETTRONICHE DI LETTERATURA

www.musicaos.it

www.testoesenso.it

www.libercogitatio.org

www.corriereletterario.it


Erri De Luca è un GRANDE!
Provare a leggere per credere...

Sally ti presento ….Erri in
“Non ora, non qui”

La foto che lo ritrae sul suo sito sembra appartenere ad un fascinoso settantenne, invece di anni Erri De Luca ne ha 58.
Capigliatura chiara striata d’argento, baffetti a spazzola, tratti regolari, sguardo profondo quasi quanto le rughe che gli solcano il viso, reticolare testimonianza di scelte di vita radicali e spesso in contraddizione con quanto gli era stato destinato per nascita.
Nasce a Napoli e diventa esperto rocciatore.
Vive sul mare e scrive di montagna.
Nutre l’adolescenza di letture ma va malissimo a scuola.
Di estrazione borghese, diventa dirigente di Lotta Continua.
Avviato alla carriera diplomatica, fa l’operaio, il muratore, il camionista.
Non credente dichiarato, si dedica alla traduzione della Bibbia.
Comincia a scrivere a 20 anni, ma il primo romanzo lo pubblica a 40.
Scrive per Il Manifesto, per La Repubblica, ma anche per Vanity Fair.
La sua copiosa produzione letteraria spazia tra prosa, poesia e traduzioni, poiché ha studiato da autodidatta molte lingue tra cui lo yiddish e l’ebraico.
Scrive di Napoli come “ città viva e sveglia fino all’insonnia permanente”, sempre vigile, che ha derubricato il “fattore sorpresa” perché ha “preso carattere dall’allenamento del suo Mister, il Vesuvio”.
Eppure Erri non si sente napoletano, ma “napòlide”; uno che ha rifiutato etichette, che si è sdoganato dalle origini per consegnarsi al mondo, pur senza radicare da altre parti.
Un distacco, comunque, che non si traduce in disamore, ma che si connota come esigenza funzionale alla maturazione della consapevolezza di sé stesso.
Dalla necessità di intraprendere un viaggio interiore scaturisce l’interesse per l’ebraico antico e per le storie delle Scritture che lo accompagnano in una dimensione desertica, appagando il bisogno di accentuare il distacco dalla città natale.
Quasi una catartica e rigenerante immersione, in una remota dimensione, propedeutica per affrontare una quotidianità brutale, affollata di fantasmi. Un non-luogo ideale per un colloquio intimistico cercato da chi ha approfondito le distanze con Dio, escludendolo dalla propria vita.
L’assenza del Padre Celeste è compensata dalla presenza del padre naturale, che ha influenzato le scelte del figlio adolescente; era lui l’accanito lettore di “chili” di libri, lui l’alpinista esperto, lui che lo costringeva a parlare un italiano senza inflessioni.
Questa attenzione alla lingua parlata indusse il giovane Erri ad effettuare una scissione tra “il napoletano”, la lingua delle emozioni, degli strilli, dei litigi, e la lingua che stava dentro i libri, muta e bella da seguire, la lingua del padre. Ed è un italiano corretto e quasi poetico quello usato per scrivere il racconto “ Non ora, non qui” che si presenta come un monologo- confessione- amorevole rimprovero rivolto alla madre.
All’uso del dialetto lo scrittore ricorre raramente, solo per contestualizzare una storia di cui si ignorano i nomi del protagonista e dei componenti la sua famiglia: il padre, la madre, la sorellina. Dettagli non funzionali ad una narrazione che viaggia sui binari della memoria, destinazione infanzia violata, per scrivere una storia di disadattamento, di sentimenti repressi, di dolore lacerante; di un’esistenza vissuta in punta di piedi, quasi desiderando di rendersi invisibile. “Non l’ho fatto apposta” riecheggia continuamente nella mente del protagonista, quasi a volersi scusare per essere nato.
Sembra eccessivo tutto questo disagio se attribuito solo alla balbuzie che condiziona l’espressione verbale del protagonista - narrante. Un complesso di Edipo irrisolto sarebbe una giustificazione sbrigativa e approssimativa. Ma non ci viene incontro l’autore nella ricerca di altre cause che possano aver provocato danni irreversibili, anzi si sofferma su particolari che si prestano a una doppia lettura. Ci riferiamo alla leggenda sulla balbuzie descritta a pag. 9 che così prosegue “ Nelle notti del bambino che fui veniva spesso un angelo a bussare alla mia bocca, ma io non riuscivo ad aprirla per dargli il benvenuto. Dopo un po’ se ne andava e nel buio restavano le sue piume e le mie lacrime”.
L’infanzia del protagonista è vissuta tra vicoli umidi e chiassosi dove ogni genere di sopruso viene perpetrato sui soggetti più deboli, spesso bambini già deprivati che subiscono la sproporzionata violenza degli adulti. E non solo di violenza fisica si tratta. Quella di cui è fatto oggetto il protagonista ad opera della madre è una violenza più sottile ma più devastante perché non è del tipo che lascia lividi, emorragie o segni evidenti. E’ la violenza delle parole di una donna delusa che, incurante dell’inadeguatezza del giovane figlio come interlocutore, gli scarica addosso le proprie frustrazioni raccontandogli episodi di ferocia e bestialità umana che solcano l’animo del bambino lasciando indelebili cicatrici.
Altri dolori segneranno la sua fragile psiche: la morte del migliore amico, quella del padre e, da adulto, la perdita della moglie, sposata senza amore proprio per la paura della labilità dei forti sentimenti.
Trasuda dolore, desolazione, malinconia questo romanzo in cui la morte aleggia spesso, tra luoghi, oggetti, persone fino a rapire lo stesso protagonista.
La narrazione evolve attraverso una serie di ricordi che non seguono un ordine cronologico ma sembrano dei flash back sollecitati da un proprio itinerario mentale confuso dalle intermittenze di un’emotività disordinata, da un’affettività disturbata e da immotivati sensi di colpa tipici di chi ha subito un danno.
Scritto con l’attenzione eccessiva che si riserva all’opera prima a volte la narrazione perde d’intensità vestendo l’abito buono dell’esercizio stilistico, il che allenta la tensione emotiva nel lettore.
In taluni tratti la lettura perde scorrevolezza per il ricorso alla frammentazione della sintassi, più elegante ma meno immediata.
Stiamo, però, parlando del primo libro di Erri De Luca uscito nel 1989.
Vale la pena seguire, attraverso la successiva produzione letteraria, il percorso di crescita di un narratore che ha mostrato di possedere una radicata sensibilità, una profonda umanità e una coerenza non comune.

venerdì 2 maggio 2008

il sito dei lettori e degli scrittori
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APRILE....MESE DI SCONTI IN LIBRERIA
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degli OSCAR Mondadori
e delle edizioni economiche Feltrinelli.
Ne ho approfittato per lo shopping " letterario"
ULTIMO LIBRO LETTO
ALTRI LIBERTINI
Pier Vittorio Tondelli
OHMMADONNASANTA!!!
Era dai tempi di “ Sodomie in corpo 11” di Aldo Busi che non mi scandalizzavo così!
Esagero.
Il fatto è che le tematiche omosessuali non mi prendono e il conseguente distacco emotivo dalla lettura distoglie l’attenzione da una narrazione, comunque, di robusto spessore.
Sarebbe quanto mai inopportuno paragonare Tondelli a Busi solo per i contenuti dei loro racconti; i rispettivi percorsi letterari hanno seguito itinerari molto differenti.
Busi ha esordito a 36 anni con una produzione caratterizzata dall’indipendenza da regole e remore, dalla guida di una intelligenza ironica e affilata; ha snobbato i premi letterari e la benevolenza dei critici.
Tondelli a 36 anni è morto di AIDS. Era il 16 dicembre del 1991. ( Circa un mese prima, il 24 novembre a Londra moriva dello stesso male Freddie Mercury, l’incredibile voce dei Queen).
Il comune denominatore tra i due scrittori è nel senso della solitudine e dell’inadeguatezza; dell’inquietudine che si è tradotta operativamente nell’irrequietezza che ne ha caratterizzato i comportamenti degli anni giovanili.
La consapevolezza della sua diversità ha segnato la crescita di Tondelli e lo ha indotto a cambiare prospettive e riferimenti culturali, spaziando dall’associazionismo cattolico alle religioni orientali, dalla lettura di Lotta Continua ai fumetti, dalla musica di Battisti a Guccini.La ricerca di assoluto lo ha spinto a differenziare i suoi interessi occupandosi di sceneggiature di film mai realizzati, di collane editoriali sospese dopo le prime pubblicazioni, di progetti per i giovani non continuati, di collaborazioni con quotidiani interrotte, di consulenze musicali di poca durata.
Fondamentale per la sua formazione è stata l’esperienza del DAMS di Bologna, facoltà scelta nel tentativo di dare corpo ad un’esperienza artistica che, al di là della scrittura, gli consentisse di vivere meglio.
All’università Tondelli ha frequentato i corsi di Umberto Eco e Gianni Celati; ha avviato un rapporto di collaborazione con il redattore e critico letterario Aldo Tagliaferro, e con l’editore francese Francois Wahz, entrambi importanti punti di riferimento per la sua produzione letteraria.
A Bologna ha conosciuto Andrea Pazienza, celebre fumettista, poeta, narratore; artista tra i più importanti dell’ultimo Novecento, morto nel 1988 a 32 anni per overdose di eroina. E Francesca Alinovi, tristemente nota come la vittima del “ delitto del DAMS”, eccentrica e anticonformista critica d’arte, talent scout di artisti italiani, assassinata nel 1983, a 35 anni.
L’esigenza di trovare una propria dimensione lo ha spinto a viaggiare in Europa, soggiornando a Berlino, Parigi, Amsterdam. E proprio al ritorno da un viaggio in Tunisia Tondelli si ammala e muore, dopo essersi riavvicinato alla religione cattolica.
La morte placa definitivamente il malessere, la sofferenza, i complessi non superati dovuti al non sentirsi in pace con sé stesso.
Stati d’animo che l’autore ha cercato di esorcizzare attraverso la scrittura e che restano i cardini della sua narrazione.
I racconti sono il tramite per addentrarsi in vicende tenere e drammatiche, ambientate nella cornice apparentemente tradizionale di ambienti medio borghesi.
Storie che testimoniano gli eccessi, le derive, la ricerca dell’amore ma anche della morte, il disagio, l’emarginazione che hanno caratterizzato una parte della generazione degli anni Ottanta, incapace di canalizzare l’emotività nel verso giusto.
E l’emotività è la caratteristica che l’autore riconosce alla propria letteratura “ l’unico spazio che ha il testo per durare è quello emozionale; dopo due righe il lettore deve essere schiavizzato….incapace di liberarsi dalle pagine”.
Allo scopo ricorre ad un lessico “ forte”, blasfemo, esasperato; al gergo del mondo giovanile, colloquiale, intimistico ma arricchito di forestierismi, neologismi, parolacce e bestemmie, oscenità di ogni tipo.
Linguaggio usato per scrivere “Altri libertini”, il primo romanzo composto da singoli episodi accomunati dalle tematiche e dai tormenti che agitano i protagonisti.
Sei episodi strutturati come tasselli perfettamente incastrati per ricomporre l’immagine finale del mosaico “Disperazione”.
Il disadattamento regna sovrano nelle vite dei giovani protagonisti che si intersecano lasciando le scie di una vischiosa ragnatela nella quale restano intrappolati a causa della fragilità emotiva e del senso d’impotenza.
Il vuoto interiore è la patologia che affligge i personaggi, tutti egualmente impegnati nella ricerca di strade maestre attraverso le scorciatoie della trasgressione, del ricorso alle droghe e al sesso estremo, dell’esercizio della violenza fisica e morale.
Ricerca che si concretizza anche attraverso viaggi all’estero che si concludono al capolinea del nichilismo.
E’ una gioventù accecata dalla luce abbagliante dei falsi miti generazionali quella descritta da Tondelli; giovani smarriti nel labirinto delle loro coscienze, senza il conforto del filo di Arianna della speranza. Personaggi che si lasciano vivere tra spaccio di stupefacenti, furti, scorribande notturne, prostituzione e ogni tipo di dissolutezza.
Il lieto fine non abita qui.
Con questi presupposti l’opera prima di Tondelli richiamò l’attenzione delle autorità giudiziarie prima ancora di quella del pubblico dei lettori.
“Altri libertini” fu sequestrato per reato di oscenità; l’autore e l’editore processati e successivamente assolti.
Solo per associazione di eventi ricordiamo che nel 1977 fu sequestrato l’ultimo film di Pasolini “ Salò o le cento giornate di Sodoma”. Pasolini era morto il 2 novembre del 1975.
Altri tempi, altre situazioni, altri libertini…..

Daniela

domenica 27 aprile 2008

Comunicazione unificata: scrivere nell'era 2.0

NOVITA' IN LIBRERIA

La Solitudine dei numeri primi

di Paolo Giordano

Suscita antipatia da subito l’ingombrante figura del padre di Alice, la protagonista del racconto; l’uomo cerca nella figlia il riscatto delle proprie frustrazioni, sottoponendola, ancora bambina, ad un estenuante allenamento sciistico tanto intenso quanto sgradito alla piccola che rimane vittima di un incidente di cui porterà i segni a vita.
L’oppressivo genitore mi ha fatto tornare in mente un episodio visto recentemente in televisione, di un padre, allenatore della propria figlia nuotatrice, che ha tentato di malmenarla al termine di una deludente prestazione sportiva. Il tutto davanti a migliaia di attoniti spettatori che seguivano i campionati di nuoto sul posto e in televisione.
Proseguendo nella lettura conosciamo l’altro protagonista, Mattia, vittima dell’incapacità dei genitori di coalizzarsi nell’affrontare i problemi quando piombano con tutta la loro forza devastante sulla normale quotidianità di una vita tranquillamente preordinata.
Dimentichi dell’esigenza di consentire, comunque, al bambino una sana crescita, i genitori di Mattia lo caricano di responsabilità sovradimensionate alla maturità della sua fase evolutiva, tanto da farlo rimanere schiacciato sotto il peso delle conseguenze di un errore di valutazione tipico della sua età.
La singolarità di queste esperienze pregresse renderà i due protagonisti simili ai numeri primi gemelli, finendo per creare problemi anche ai numeri naturali che hanno la malaugurata sorte di trovarsi inseriti tra di essi, rimanendo vittime delle loro inconsce, sottili perversioni.
Nell’evoluzione delle rispettive esistenze i due protagonisti devono relazionarsi, loro malgrado, con altri personaggi ben caratterizzati : Denis, l’amico omosessuale; Viola, bella e impossibile; la falange compatta e spietata delle quattro compagne; Soledad, la governante complice; i genitori, ansiogeni e ansiosi; e poi ancora Nadia, innamorata di Mattia, e Fabio che sposerà Alice .
Il bagaglio di problemi che tutti loro portano in dotazione è tipico del mondo
attuale: anoressia, bulimia, omosessualità, bullismo, solitudine. Problemi che affondano le radici nel fertile humus delle conflittualità famigliari irrisolte, dei lutti non elaborati, delle aspettative disattese.
L’incapacità di imprimere una svolta positiva al loro percorso di vita deriva dall’anaffettività di Mattia e dall’insicurezza di Alice, e dal loro imprevedibile agire, governato dai fantasmi del traumatico vissuto degli anni giovanili.
Sorprendente il finale che sembra suggerito dalla maturità esperenziale di una persona adulta e non da un giovane scrittore; costituisce il giusto approdo dei protagonisti ad una indipendenza fisica ed emotiva a cui dovrebbero tendere tutti gli esseri umani, ma che si conquista solo dopo aver percorso gli itinerari delle assurdità e delle contraddizioni di questo mondo.
Le ultime quattro parole a chiusura del racconto dissipano quel sottile velo di tristezza che ha avvolto la storia, svelando una Alice ormai affrancata dal dolore, che si appresta ad affrontare la vita con un approccio ottimista e con una piena consapevolezza di sé.
Narrato con scrittura secca, priva di sbavature, il racconto sembra risentire della formazione scientifica del giovane scrittore, laureato in fisica, che spesso coglie spunti per evidenziare il suo bagaglio culturale. Lo fa nel titolare i capitoli (Principio di Archimede, Messa a fuoco…), nel riportare le osservazioni di Mattia sempre attente al dettaglio fisico-matematico: tensione superficiale del liquido, direzione degli assi cartesiani, complicate sequenze numeriche. Viene analizzata con freddezza anche una magica aurora sul Mare del Nord, studiata nelle componenti date dalle spinte centrifughe e centripete, dalle forze sbilanciate, dalla meccanica.
Coerente e consequenziale, il racconto viaggia sui binari della razionalità senza deragliare nel becero sentimentalismo.
Tecnicamente ineccepibile nella costruzione della storia e dei personaggi che vengono sezionati con il distacco emotivo di un anatomopatologo la narrazione risente, comunque, dell’assenza di quel pathos che coinvolge il lettore impegnandolo emotivamente.
Decisamente apprezzabile che l’autore abbia ignorato l’inflazionata consuetudine giovanilistica di far ricorso a testi o titoli di canzoni per esprimere sensazioni o sentimenti. Si nota, però, qualche “ Uaooo…” di troppo; giusto per ricordarci che a scrivere è un giovane di 26 anni, laureato in fisica, con dottorato di ricerca, al suo primo romanzo.

Daniela
CONTATTATO DALL'I.T.A.S." Maria Pia" ATTRAVERSO LA SUA CASA EDITRICE, LA ZANICHELLI, ABBIAMO AVUTO IL PIACERE DI OSPITARE BIJAN ZARMANDILI, CHE HA PRESENTATO IL SUO ULTIMO LIBRO


L’ESTATE E’ CRUDELE

BIJAN ZARMANDILI


L’ho letto in poche ore, nel treno che mi portava in vacanza a Milano.
Il mio soggiorno è coinciso con le manifestazioni per i 160 anni delle “5 giornate di Milano” che si svolsero dal 18 al 22 marzo 1848, anno destinato a passare alla storia come sinonimo di stravolgimento totale.
Merita il giusto risalto questa rivoluzione – guerriglia cittadina che colse impreparati i soldati austriaci, addestrati a combattere in campo aperto e non tra vicoli ostruiti da barricate.
La fiera volontà dei milanesi di riappropriarsi della propria terra, della propria indipendenza, libertà, ispirò una lotta comune combattuta abbattendo ogni barriera sociale e coniugando anime profondamente diverse. Cinque giornate in cui l’orgoglio degli aristocratici, la caparbietà dei borghesi, l’ardore degli intellettuali, il coraggio del popolo scrissero una delle pagine più significative della storia della nostra Nazione.
Unità di intenti e di sentire che, nella storia narrata dallo scrittore iraniano B. Zarmandili pervade gli animi della popolazione che contrasta il mutamento strutturale in atto nell’Iran di Reza Pahlavi.
Il 1963 è l’anno della “rivoluzione bianca”, dell’introduzione di riforme sociali ed economiche attraverso le quali lo scià, che godeva della protezione degli Stati Uniti, intendeva dare all’Iran uno stile di vita occidentale. In effetti, in Iran si determinarono squilibri sociali tra ristretti circoli di affaristi legati alla corte e la popolazione sempre più affamata che manifestò il proprio dissenso organizzandosi in piccoli focolai rivoluzionari. La Savak, polizia segreta, soffocò i tentativi di rivolta operando arresti di massa, torture e uccisioni ma non poté fare lo stesso con il clero sciita che propagandava la rivoluzione dai luoghi di preghiera. Dopo alterne vicende e la fuga dello scià, nel 1979 fu proclamata la Repubblica Islamica.
La storia d’amore di Maryam e Paviz narrata nel libro è ambientata negli anni in cui in Iran soffia forte il vento del dissenso, sradicando assetti resi stabili dalla sedimentazione degli strati calcarei della corruzione, convenienza, complicità, propaganda di regime, repressioni, torture.
Un amore che nasce e cresce tra fughe improvvise, lunghe assenze, silenzi forzati generati dal prorompere di una passione ancora più grande: la passione sociale, della propria storia, della propria terra.
Il percorso degli ideali, costellato da pedinamenti, intercettazioni, spionaggi, trasferte è però destinato a bloccarsi al capolinea del tradimento perpetrato da un compagno di lotta, Sirus, che incarna i limiti dell’umana debolezza, posto di fronte all’alternativa tra una morte causata da atroci torture e la salvezza assicurata dalla negazione dei propri principi.
Maryam e Paviz scelgono la strada del non ritorno fino alle estreme conseguenze, consentendo all’autore di scrivere pagine di intenso lirismo, pervase dal sentimento dell’umana pietas di fronte allo scempio del corpo della giovane donna.
Mentre feroci aguzzini la torturano a morte Maryam si astrae dalla brutalità attraverso il pensiero che, sostenuto dai dolcissimi versi della poetessa Forugh Farrokhzad, corre lontano facendole rivivere i momenti più belli della sua storia d’amore dalla quale è nato il piccolo Kevian.
E’ l’estate del 1978, sadica, carnefice; un’estate crudele di morte contrapposta alla bella estate romana del ’60 che vide sbocciare l’amore tra i due studenti iraniani.
Seppure raccontata col rigore dell’informazione giornalistica la storia narrata da Zarmandili è destinata a lasciare il lettore attonito di fronte all’evidenza del potere devastante dell’odio, della ferocia; dello smarrimento del senso della pietà, della solidarietà e della coerenza.
L’amarezza e il disincanto ci derivano dalla constatazione dell’attualità della storia narrata che continua a ripetersi, anche se con modalità diverse, in momenti diversi, in zone diverse , con nomi diversi e con ideali diversi, ed anche senza ideali; a volte solo con l’idea che la partecipazione ad una missione di pace può accelerare i tempi per l’acquisto dell’appartamento e consentire una vita un po’ più agiata, quando si ha la fortuna di poter continuare a vivere.

Nel libro vengono citati Forugh Farrokhzad (1934 – 1967) la prima donna iraniana che con la sua poesia sfidò la tradizione islamica, meritandosi l’appellativo di “poetessa del peccato” per la sensualità e la carica erotica della sua scrittura; e Sadegh Hedayat (1903 – 1951) considerato il più grande scrittore iraniano del ‘900, autore de La civetta cieca, un romanzo visionario intriso di allucinazioni e incubi. Solitudine, senso di vuoto, pessimismo morboso sono i temi ricorrenti della sua opera letteraria spesso composta sotto gli effetti dell’oppio, in cui si rifugiava per proteggersi dalla delusione della vita.


Daniela

venerdì 25 aprile 2008

23 aprile - GIORNATA MONDIALE DEL LIBRO
In Catalogna, dove da anni i libri invadono le piazze, il 23 aprile, festa di San Giorgio,è usanza che gli uomini regalino alle donne una rosa e ricevano in cambio un libro.
San Giorgio uccise il Drago e dal suo sangue nacque una rosa che regalò alla principessa appena salvata.
Vi racconto......
TRAUMA
di Patrick McGrath
Lo scrittore inglese Patrick McGrath (Londra 1950) ha trascorso molta parte dei suoi anni giovanili nel manicomio criminale di Broadmoor, dove il padre prestava la sua opera come psichiatra.
Deludendo (come ogni buon figlio dotato di libero arbitrio) le aspettative del suo babbo, che intendeva passargli il testimone di una professione “da manicomio”, Patrick decide di percorrere la non meno impervia strada della scrittura.Conserva, tuttavia, familiarità con i temi e i problemi che hanno accompagnato la sua crescita fra manicomi e ospedali, e nel giro di due lustri pubblica una decina di libri.
Da pazzi leggerli tutti, ma soffermandoci sulle recensioni ci sembra di vedere Patrick con la tuta da palombaro intento a scandagliare i torbidi fondali dell’umana psiche; oppure in divisa da pongista impegnato a tenere in gioco la pallina della narrazione rimandata dalle racchette dell’IO e dell’ES, con risultati che a volte lo fanno assomigliare al cugino invidioso di Alfred Hickok.
E tanto ci basta di lui.
Un po’ di attenzione merita anche il suo traduttore Alberto Cristofori.Nato a Milano nel 1961.Diplomato in pianoforte.Laureato in lettere.Autore di manuali di educazione musicale e di vari testi scolastici.Traduttore di McGrath, Potok, Makhmalbaf e moltissimi altri.Che dovesse essere milanese lo avevo intuito dall’espressione “andare a ramengo” a pag.212.Quello che non so è se la caduta di tensione emotiva, dopo aver letto circa 100 pagine, è dovuta alla sua asettica traduzione o ad un inevitabile esaurimento del filone “Thriller Psicologico” da parte dell’autore, visto che in “Trauma”, fino ad allora, di traumatico non succede proprio niente.I personaggi riproducono fedelmente i déjà vu del genere: uno psichiatra frustrato, una madre depressa, un fratello realizzato, la bambina che rompe, la moglie scoppiata, l’amante psicopatica …tutti impegnati a dimenarsi in storie di ordinaria normalità mentre al di fuori del loro microcosmo, circoscritto dalle pulsioni più elementari, è la devastazione causata dalla guerra del Vietnam.
A pag.101 finalmente la componente onirica prende il sopravvento mettendo a nudo il soggetto traumatizzato, nel caso Nora, per la quale si prospetta il doloroso passaggio dal ruolo di amante a quello di paziente. In realtà, in zona Cesarini sapremo che il traumatizzato è proprio lo psichiatra. Ma vaa..?!
Dilaniato dal dolore causatogli dal rapporto conflittuale con la madre, dal disprezzo del padre, dalla gelosia per il fratello, dalla nostalgia per la moglie, il pensiero ricorrente in Charlie Weir è il desiderio di “casa”, luogo sicuro dove si coltiva l’amore in tutti i suoi aspetti, quell’amore che gli viene negato da chi invece avrebbe dovuto dispensargliene con continuità.
Una curiosità. In un racconto dove le relazioni sessuali vengono appena accennate e solo per sottolinearne la funzione catartica, giunti a pag. 76 leggiamo “mentre mi alzavo per salutarla col pene che si induriva…”
E che c’azzecca ?….direbbe l’illetterato giudice molisano! Un dettaglio irrilevante nel contesto della narrazione. E poi… che pena chiamarlo scientificamente pene! Fosse stato un racconto erotico la fantasia si sarebbe sfrenata spaziando dal canonico c…o, ai più coloriti mazza, verga, canna, scettro…provocando nel lettore un elettroshock ai neuroni ormai disattivati dall’andamento soporifero del racconto.Racconto reso comunque fruibile dall’assenza di rimandi particolarmente colti, tecnici, scientifici, tanto che alcune considerazioni più che dagli studi di uno psichiatra sembrano scaturire dalla saggezza della casalinga di Voghera…..
“Sono sempre i malati che cercano i guaritori, gli smarriti che trovano i padri…” pag.78
“Tutto assume colori inediti quando viene narrato a un nuovo amore…” pag.79
“L’amore maturò grazie alla condivisione delle attività quotidiane e all’attenzione costante verso l’altro..” pag.93
E così, forse dovremo ricorrere alla consulenza del Mago Otelma per conoscere le risposte ai tanti interrogativi che restano irrisolti alla fine del racconto: conoscere la patologia di Nora; i motivi del rabbioso rancore della madre nei confronti di Charlie; perché Agnes resta vittima delle sue insicurezze; sapere se Walt è solo ferito o muore; che ruolo ha Joan Bachinski che compare solo alle ultime pagine; e poi le ultime parole a chiusura del libro “stavo per tornare a casa”. Ma quale casa? E con chi? Scribendi recte sapere est principium et fons.
Daniela