venerdì 13 settembre 2013

“Fai bei sogni” - Massimo Gramellini



“Fai bei sogni”


Massimo Gramellini



No, dico … ma siamo impazziti?! Un milione di copie vendute, quattro edizioni in un anno, 225.000 copie in una settimana, il libro più venduto del 2012… Molto rumore per nulla. Più di trecento riletture, sei mesi circa di correzioni ed una squadra di 12 editor per confezionare un prodotto destinato per nascita     (al pari del Royal baby) a regnare sulle classifiche delle vendite di libri.

Onore e merito al padrino di battesimo, Fabio Fazio, che sembra aver raccolto l’eredità di Maurizio Costanzo. Per più di 20 anni il Costanzo Show ha decretato il successo di chi aveva il pass per accomodarsi nel salotto della vetrina televisiva più seguita d’Italia.

Da un po’ di tempo, lo scettro di Re Mida del piccolo schermo è passato nelle mani di Fazio: nelle vesti di anchorman di programmi calcistici e revival musicali, di presentatore del Festival, di conduttore di format di approfondimento comico – satirico con spunti meteorologici, gli indici di ascolto e di gradimento sono sempre garantiti.

La risoluzione dell’ormai esausto connubio tra Fazio ed il paludoso Saviano ha spalancato le porte al gioviale Massimo Gramellini, giornalista sportivo, ironico q. b., sentimental popolare tanto da dirigere la rubrica di “ posta del cuore” dello “Specchio” , oscurando così la fama di “Donna Letizia”  e della “Contessa Clara”! Ma di quali credenziali è in possesso, il giurista-giornalista, per teorizzare soluzioni placebo per cuori in affanno? Almeno Crepet e Pasini, gli psichiatri – scrittori, possono vantare titoli accademici, specializzazioni e impegno professionale negli ambiti di pertinenza dei tormenti esistenziali.

Far riferimento unicamente al proprio vissuto, quale fonte di saggezza dalla quale attingere consigli, esortazioni e moniti ci sembra un po’ riduttivo.

Scorrendo le note biografiche troviamo:

un grave lutto (e quello ce l’abbiamo tutti!)

due mogli (oggi costituiscono la normalità!)

la difficoltà a relazionarsi con le donne (e chi le ha mai capite!)

una figura genitoriale fredda e distaccata (come lo erano tutti i padri di una volta!)

un percorso di vita tutto in salita … fino all’incontro con l’Amore (mah…!)

Non bastavano Volo e Moccia ad ammorbarci con storie di questo tipo!

Ci son volute 200 pagine di puntelli di sostegno per sorreggere una struttura fragile, la storia autobiografica dell’elaborazione di un lutto, della sublimazione del dolore nel perdono.

La caratterizzazione del protagonista è prevalentemente di natura psicologico-comportamentale.

 L’improvvisa assenza dell’amorevole figura materna ingenera nel bambino Massimo “un bisogno disperato di dichiarare guerra al mondo intero” e, allo stesso tempo, la consapevolezza che i nemici dai quali difendersi albergano in sé stesso.  “Chi è stato abbandonato si sente colpevole di qualcosa d’indefinito”. Massimo contrasta il senso di colpa rifiutando la realtà, negando la morte della madre e coltivando la segreta speranza di vederla improvvisamente ricomparire. La figura materna è mitizzata, trasfigurata dallo specchio deformante della memoria, ma il non sentirsi più amato nutre il demone dell’aggressività. C’è un mostro dell’anima, Belfagor, che si alimenta delle sue paure: sfiducia, rifiuto, abbandono, senso di disagio e inadeguatezza. Un mostro che lo rende incapace di alzare gli occhi al cielo, di tenere i piedi ben piantati a terra, che lo indirizza verso scelte sbagliate: gli studi universitari, la fidanzata sempre smaniosa di vedersi riconfermare il suo fascino. Un mostro che lo rende incapace di inseguire i suoi sogni perché i sogni sono radicati nell’anima e la sua è anestetizzata dal dolore.

Ma il lieto fine è in agguato; è nascosto in un ritaglio di giornale che viene consegnato a Massimo in una busta misteriosa con 40 anni di ritardo…..proprio come le Poste Italiane. La busta, in effetti, è comparsa nella prima pagina, ma lo scrittore è ricorso all’ordo artificialis, procedimento che interrompe la narrazione per raccontare i 40 anni precedenti e stimolare così le aspettative del lettore. Il mistero svelato, in effetti, rimanda al sensazionalismo dei proclami di Carlo Taormina nel “caso Cogne”: colpi di scena destinati a sgonfiarsi come palloncini non ancora annodati che sfuggono di mano con traiettoria irregolare e suono isterico! Quando finalmente il mistero è svelato siamo già verso pag.180 e neanche gli editor sanno più cosa inventarsi per evitare un finale un po’ frettoloso, sdolcinato , dagli esiti scontati: lui, lei e il cagnolino bianco ( sarà mica Dudù?!)

Un quadretto famigliare già abusato in pubblicità e proclami politici.

“ E’ che mi è sempre piaciuto il lieto fine”  si giustifica l’autore, ormai depurato dopo un soggiorno nel centro benessere “Le terme dell’anima”.

“Una lettura da ombrellone”, ci giustifichiamo noi, ormai alleggeriti dei 15,00 euro destinati al “fatebenefratelliautori” consorzio di scrittori-venditori di sogni e belle speranze con penna leggera e tasche pesanti.

 In fin dei conti il libro si legge in una mattinata al mare. Scorrevole, anche troppo: sintassi semplificata, periodi lineari, scelte lessicali generiche, poche citazioni colte, molti contributi degli editor, qualche eccesso mellifluo, aforisma iniziale di Eric Hoffer pertinente, struttura narrativa in ordine indiretto, registro medio-colloquiale. Un mix di elementi ben armonizzati per la costruzione di un prodotto destinato al pubblico dei cinepanettoni, quelli che leggono o vanno al cinema per distrarsi ma che provocano improvvise positive impennate nei riscontri di cassa e botteghino. Parafrasando Oscar Wilde "parlate pure male di me, purchè ne parliate" dobbiamo augurarci “…..….purchè si legga!!!”


Daniela Gerundo



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